È veramente tanto tempo che non scrivo sul blog ed è strano mettermi di nuovo qui alla tastiera stanca morta dopo una giornata intensa al master Altems che sto frequentando alla Cattolica di Roma. Però ho deciso di farlo perché ci sono troppe cose importanti da dire, ne ho un elenco infinito e da qualche parte devo pur cominciare.
Riparto da una questione di quelle che nei primi post del blog chiamavo i post alla Superquark perché la ricerca medico scientifica sulla nostra malattia va avanti e ci sono novità importanti da raccontare. Lo scorso anno parlavo qui di ditani e gepanti, il tempo scorre veloce e all’orizzonte si affacciano nuove importanti scoperte sui meccanismi che sono alla base della nostra malattia.
E oggi parliamo di PACAP.
E voi direte: embé?
Pare che dobbiamo proprio fare i conti con acronimi e nomi assurdi.
Ci ho messo mesi a imparare il significato di CGRP e mo me tocca il PACAP 🫣
Va beh, bando alle ciance. Entriamo nel vivo della questione.
Cos’è il PACAP?
Polipeptide attivante l’adenilato ciclasi pituitaria.
Ok. Un neuropeptide. Una proteina coinvolta nella fisiopatologia dell’emicrania (quindi nel modo in cui una malattia si sviluppa e si manifesta). Così è più chiaro.
Il PACAP ha diverse funzioni nel corpo umano (per questo viene definito peptide multifunzionale), ma una delle sue funzioni più importanti in relazione all’emicrania è la regolazione della dilatazione dei vasi sanguigni, oltre ad agire come neurotrasmettitore e neuromodulatore (modula i segnali dolorosi trasmessi dai nervi).
Come spiegato dal dottor Ashina (professore di neurologia presso l’Università di Copenaghen e direttore dell’Unità di ricerca sull’emicrania umana presso il Centro cefalee danese e il Dipartimento di neurologia):
Per quanto riguarda l’emicrania, il PACAP si trova nelle cosiddette strutture strategiche associate all’emicrania, in particolare nel cosiddetto sistema trigeminovascolare. Quindi i nostri vasi sanguigni esprimono questo peptide, i nostri nervi esprimono questo peptide, il nostro cervello esprime questo peptide, e sappiamo che questo sistema trigeminovascolare è molto importante per la patogenesi dell’emicrania, il modo in cui l’emicrania si verifica, l’emicrania si presenta, ed è per questo che questo peptide è stato studiato. E abbiamo scoperto che potrebbe svolgere un ruolo molto importante nella fisiopatologia dell’emicrania.
Quali sono le differenze tra PACAP e CGRP?
Se avete letto l’articolo che tempo fa ho scritto sul CGRP, il fatto che il PACAP abbia a che fare con la dilatazione dei vasi sanguigni e che si trovi anche nel sistema trigeminovascolare vi suona familiare.
E quindi, in cosa sono diverse queste due proteine?
Il CGRP fa parte della famiglia della calcitonina, mentre il PACAP appartiene alla famiglia della secretina. Entrambi i peptidi sono vasodilatatori, ma si legano a recettori diversi nel corpo umano. Questo li rende differenti, pur condividendo alcune caratteristiche comuni, come la capacità di dilatare i vasi sanguigni, in particolare quelli situati nella regione cranica.
Sempre per citare le parole del dottor Ashina:
Quando le molecole sono libere di circolare nel corpo umano, di solito si legano ai cosiddetti recettori. Si può immaginare che ogni cellula umana contenga un recettore specifico per questi peptidi. Sono una sorta di porte che si aprono quando le molecole si legano a queste porte. Quindi, il PACAP e il CGRP hanno porte diverse a cui si legano. Ecco perché si tratta di peptidi diversi. Ma condividono alcuni aspetti, come il fatto di essere entrambi vasodilatatori, cioè di dilatare i vasi umani, in particolare quelli situati nella regione cranica
Il PACAP e le terapie di profilassi per l’emicrania
Dagli studi clinici condotti dal dottor Ashina è emerso che l’infusione di PACAP in pazienti con emicrania scatena attacchi in oltre il 50% di essi. Basandosi su questa evidenza, ulteriori studi stanno esaminando l’efficacia di farmaci che bloccano il PACAP o i suoi recettori. Il PACAP potrebbe, quindi, essere un bersaglio promettente per il trattamento dell’emicrania anche per quei pazienti che non hanno avuto una risposta adeguata agli anticorpi anti-CGRP o ad altri trattamenti di profilassi.
Ancora le parole del dottor Ashina:
Dobbiamo sapere e ricordare che c’è un certo numero di persone che non rispondono a questi farmaci (anti-CGRP). Si tratta di circa il 40%. Dobbiamo ricordare che ci sono anche pazienti che rispondono, ma forse non in modo ottimale, che hanno ancora attacchi molto gravi e che hanno ancora bisogno di prendere alcuni farmaci per l’acuto. Immaginate quindi di avere un’emicrania cronica e di avere 25 o 26 giorni al mese di emicrania, cioè di attacchi di emicrania, e di ridurla a 10-12 giorni. Avete ancora 10-12 giorni di emicrania al mese, giusto. E quindi siete rispondenti, siete felici, siete molto grati. Ma volete di più, giusto. Volete ridurre l’intensità degli attacchi rimasti, o volete ridurre la frequenza. Il punto è che c’è ancora un bisogno insoddisfatto di nuovi farmaci. E più farmaci abbiamo nel nostro armamentario, maggiori sono i vantaggi per i nostri pazienti. Ora, se i pazienti non rispondono, cosa fare? Il problema è che ora diremmo: «Non abbiamo più altri farmaci, hai ricevuto i più recenti, i migliori, e a quanto pare non stai rispondendo». Quindi cosa fare? Significa che c’è sempre un margine di miglioramento e che dobbiamo offrire altri farmaci. Ecco perché la ricerca scientifica è molto, molto importante in questo contesto. Facendo questo tipo di ricerca, stiamo cercando di rispondere a queste domande: quali sono le altre molecole coinvolte nel caso dell’emicrania? E abbiamo scoperto il ruolo del PACAP.
Il PACAP e altre forme di cefalea primaria
Il PACAP potrebbe essere utile anche per trattare altri tipi di cefalea, come la cefalea a grappolo. Ad esempio, è stato osservato che l’infusione di PACAP può provocare attacchi di cefalea a grappolo durante i periodi attivi della malattia, ma non durante i periodi di remissione. Questo suggerisce un ruolo complesso e potenzialmente trattabile del PACAP in diverse condizioni di cefalea.
Come dico sempre, grazie alla ricerca lo scenario terapeutico per le persone che soffrono di emicrania negli ultimi anni è cambiato notevolmente ed è tuttora in evoluzione. Questo significa che abbiamo la possibilità sempre più concreta di gestire la malattia e tornare ad avere una qualità della vita ottimale, dove il dolore non controlla la nostra vita e la malattia non ci definisce come persone.
Se volete leggere (o ascoltare) l’intervista integrale al dottor Ashina, è disponibile sul sito di Association of Migraine Disorders.
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