Se avessi ascoltato le mie emozioni e il mio stato d’animo delle ultime 48 ore, il titolo di questo post sarebbe stato “R come rabbia”.
Sì, perché sono maledettamente arrabbiata con questa stronza di malattia che, a volte, mi prosciuga ogni cellula di ottimismo che ho in corpo. Sono arrabbiata perché, dopo 8 giorni di ricovero durissimi, sono bastati pochi giorni di vita quotidiana e normalità per farmi arrivare uno di quegli attacchi devastanti che ti fanno passare la notte a piangere in bagno perché il dolore è lancinante e perché il nuovo antidolorifico prescritto al posto dei triptani si è rivelato inefficace per me.
Dopo una nottata così, dopo aver fatto diverse visite in tanti centri cefalee, il primo pensiero che ti viene è «E allora, chi me l’ha fatto fare?».
Poi, però, ho deciso che questo post sarebbe stato esattamente quello che avevo programmato di pubblicare e, nei prossimi giorni, arriverà anche la seconda storia di Migraine Warriors. Ho deciso che la rabbia e la frustrazione oggi non dovevano prendere il sopravvento e quindi avanti… torniamo a noi.
Le cose che chi soffre di emicrania e cefalea non vuole sentirsi dire e chiedere
Sì, ci sono tanti luoghi comuni e tante domande standard che ruotano intorno a questa malattia, un po’ come le cose che si sentono chiedere costantemente le persone tatuate (e io ne so qualcosa dato che oltre a essere un’emicranica cronica, sono pure una tatuata cronica).
Spesso l’emicrania e la cefalea vengono confuse con il comune mal di testa, quello che passa con il Moment in cinque minuti e Piero Barbanti, nel suo libro Emicrania. Storia di un personaggio in cerca di autore, sottolinea proprio come sull’emicrania manchi una consapevolezza generale perché «abbiamo imparato moltissimo sui meccanismi di scatenamento dell’emicrania, giungendo a sintetizzare farmaci modernissimi e molto efficaci, ma abbiamo dimenticato di produrre i “decreti attuativi”: tanta scienza, poca sensibilizzazione pubblica».
Anche in questo caso, avrei potuto raccontarvi con rabbia che cosa proviamo quando ci sentiamo chiedere «Perché hai sempre mal di testa?», «Hai preso qualcosa?», oppure ci sentiamo dire «Dormici su che ti passa». Invece ho scelto l’ironia. Anzi, abbiamo scelto l’ironia perché, proprio grazie al blog e alla pagina Instagram, una decina di giorni fa ho conosciuto Federica, una ragazza che soffre di cefalea cronica e di cui ho avuto il piacere di raccontare anche la sua storia di Migraine Warrior. Lei, proprio come me, crea dei contenuti che pubblica sul suo profilo (pillole.di.cefalea) attraverso cui parla della sua malattia… non vi svelo di più, altrimenti vi spoilero la sua storia e non vale!
E così, una sera dopo cena, ci siamo sentite su Zoom e abbiamo fatto un brainstorming da cui è nato un video in cui, a modo nostro, con un’ironia un po’ pungente e volutamente esagerata, abbiamo voluto raccontare cosa si prova quando ci sentiamo dire e chiedere alcune cose.
Se guarderete il video, vi chiediamo di farlo con gli occhi dell’ironia perché non stiamo puntando il dito contro nessuno e non vogliamo offendere nessuno. Lo abbiamo fatto di sera, stanche dopo le giornate di lavoro, e ci siamo divertite, siamo riuscite a sorridere della nostra stessa malattia perché se smettessimo di ridere, non saremmo in grado di continuare a combattere contro l’emicrania e la cefalea.
Ecco a voi le due puntate e… i bloopers!
Gli altri articoli del blog che potrebbero interessarvi…