Tutte le persone che soffrono di emicrania hanno una necessità comune: avere risposte su una malattia neurologica che colpisce esclusivamente gli esseri umani e i cui meccanismi non sono ancora del tutto noti.
Ogni giorno, parlando con le persone che mi seguono sul blog e sui social, emergono dubbi e domande che ho deciso di raccogliere in questa sezione (in continuo aggiornamento) perché la condivisione è lo strumento più potente che abbiamo per aiutarci reciprocamente nella gestione quotidiana della malattia.
Cefalea primaria e secondaria
Emicrania, cefalea tensiva e cefalea a grappolo sono cefalee primarie, ossia cefalee in cui il dolore stesso è la malattia.
Le cefalee secondarie sono, invece, causate da patologie, traumi, infezioni e abuso di farmaci.
L’emicrania viene diagnosticata tramite una visita neurologica in cui il/la neurologo, dopo aver indagato l’evoluzione e il comportamento della malattia attraverso una serie di domande e l’analisi del diario della cefalea, procede a un esame fisico e neurologico per escludere che alla base della cefalea possa esserci un’altra patologia.
Lo/la specialista può, eventualmente, prescrivere esami diagnostici qualora sia necessario avere una visione più dettagliata del quadro clinico o per individuare eventuali comorbidità in relazione alla storia, alle caratteristiche della cefalea e alla risposta ai farmaci di ciascun/a paziente. Dell’iter diagnostico per l’emicrania ne ho parlato in modo approfondito nell’articolo D come DIAGNOSI dell’emicrania.
L’emicrania è una malattia neurologica da cui non si guarisce. Esistono, però, terapie di profilassi e terapie preventive che permettono di gestire la malattia e i suoi sintomi: ne ho parlato nell’articolo C come CURARE l’emicrania.
L’allodinia è un fenomeno di sensitizzazione tipico delle persone che soffrono di emicrania; è un fenomeno neurofisiologico in conseguenza del quale la parte interessata dal forte dolore (ad esempio, la testa) rimane indolenzita anche quando il dolore è passato. Ne ho parlato nell’articolo A come ALLODINIA ed emicrania
L’emicrania è un tratto biologico, è scritta nel nostro DNA, ed è una malattia che nel tempo può modificare le sue manifestazioni sintomatiche. Può, quindi, succedere che da episodica diventi cronica, così come può accadere che gli attacchi diventino meno frequenti o meno dolorosi. Negli anni possono cambiare anche i fattori scatenanti e i sintomi accompagnatori.
Addirittura, in alcuni casi, il mal di testa (inteso come sintomo doloroso dell’attacco) può scomparire, ma una persona che soffre di emicrania rimarrà sempre emicranica, anche nel caso in cui la malattia non si manifesti più attraverso il dolore.
Anticorpo monoclonale per l’emicrania
L’anticorpo monoclonale anti-CGRP è una terapia di profilassi per l’emicrania.
Per l’esattezza è l’unico farmaco creata ad hoc per l’emicrania e che non viene “presa in prestito” da altre patologie; ne ho parlato in questo articolo A come ANTICORPO MONOCLONALE, detto anche (erroneamente) vaccino per l’emicrania.
L’approccio terapeutico adottato dipende dal quadro clinico specifico di ogni persona.
Gi scenari possibili sono i seguenti:
1) le altre terapie di profilassi possono essere sospese fin dalla prima iniezione di anticorpo;
2) si attraversa un periodo di transizione in cui per qualche tempo all’anticorpo vengono abbinate le precedenti terapie per poi abbandonarle gradualmente;
3) si adotta l’approccio della terapia combinata, quindi all’anticorpo continuano a essere associate anche le altre terapie di profilassi.
AIFA, a maggio 2021, ha comunicato ufficialmente di aver ridotto il periodo di sospensione della terapia da tre mesi a un mese.
Se già dopo il primo mese di sospensione la frequenza degli attacchi peggiora secondo i criteri previsti dal protocollo (almeno 8 gg di emicrania al mese e punteggio di disabilità MIDAS pari o superiore a 11) , è possibile riprendere la terapia.
No, dopo il periodo di sospensione si ricomincia la terapia con una prima dose singola (e, quindi, non con una dose di carico).
In linea teorica, secondo quanto stabilito da AIFA, lo switch tra anticorpi oggi non è possibile, nemmeno nel caso in cui quello utilizzato si riveli inefficace.
No, non è necessario ripartire da zero con le terapie di profilassi previste dal protocollo.
Ricordiamoci sempre che, come recita la Carta dei diritti del paziente cefalgico, è nostro diritto scegliere liberamente l’équipe medica e/o il centro cefalee da cui vogliamo essere seguiti/e.
Gli anticorpi monoclonali sono un farmaco che può essere rimborsato dal SSN a patto che il/la paziente abbia i requisiti previsti dal protocollo AIFA.
Sul piano terapeutico viene indicata la farmacia presso cui è possibile ritirare le iniezioni di anticorpo monoclonale.
Solitamente si tratta della farmacia interna all’ospedale/al centro cefalee, ma è possibile che venga indicata anche una farmacia esterna in base alle specifiche procedure seguite da ogni struttura.
Il dolore è un grande attrattore e distrattore di attenzione: quando c’è, ci fa concentrare molto su di esso mettendo in secondo piano altri sintomi. La vertigine è un sintomo tipico della crisi, solo che, quando c’è il dolore, essa si esprime meno.
L’anticorpo monoclonale agisce prevalentemente sul dolore: una volta spento il dolore, gli altri sintomi si potrebbero esprimere di più o farsi notare maggiormente.
Sì, tra gli effetti collaterali citati dai pazienti e anche nei bugiardini è segnalata la comparsa di bozzi nel sito di iniezione.
Qualora questa reazione peggiori o non scompaia nel giro di pochi giorni, è buona norma contattare il proprio medico.
Sì, perché il farmaco ha un’emivita stimata di circa un mese.
Dato che la sua concentrazione nel sangue diminuisce di settimana in settimana, nella quarta settimana potrebbe essere meno efficace nell’arrestare l’azione del CGRP e, di conseguenza, si potrebbe verificare un temporaneo peggioramento degli attacchi.
Tra gli effetti collaterali notati dai/dalle pazienti c’è anche l’aumento di peso. È importante ricordare che ogni persona reagisce ai farmaci in modo diverso: è, quindi, possibile che l’aumento di peso si verifichi per alcune persone e per altre no.
No, chi usa Emgality, Ajovy o Aimovig come terapia di profilassi non può donare il sangue: gli anticorpi, infatti, non sono stati testati né sui minori di 18 anni né sulle donne in gravidanza e, dato che non si hanno dati in merito a eventuali effetti collaterali su queste categorie di persone, non si può correre il rischio che il sangue donato venga destinato proprio a minori o donne incinte.
No, nessuna preoccupazione! Può succedere di vedere qualche goccia del farmaco sul sito di iniezione, ma questo non compromette l’efficacia dell’anticorpo.
In linea generale sì, non ci sono controindicazioni. Meglio comunque chiedere conferma allo/a specialista di fiducia, soprattutto se si stanno assumendo altri farmaci per il COVID che prima non venivano assunti.
Gli anticorpi monoclonali attualmente in commercio in Italia hanno un’emivita stimata di circa 28/30 giorni; qualora sia necessario, è possibile anticipare/posticipare l’iniezione di qualche giorno. L’anticipo o il posticipo della somministrazione di pochi giorni non compromette l’efficacia della terapia.
Il limite minimo di età per accedere al protocollo è 18 anni.
L’efficacia di un determinato farmaco viene valutata attraverso lo studio clinico controllato randomizzato. Questo tipo di studio clinico prevede che i/le partecipanti siano assegnati/e in modo casuale a due gruppi: il gruppo che riceve il trattamento o il gruppo di controllo/confronto. Va da sé che inserire in questa tipologia di studio le donne incinte è molto rischioso
Per quanto riguarda l’anticorpo monoclonale anti-CGRP, i dati attualmente ci dicono che:
1) il CGRP nelle donne incinte serve per la funzionalità della placenta; quindi, un anticorpo che “attacca” questa molecola potrebbe causare danni alla placenta;
2) l’emivita di una singola dose del farmaco all’interno del nostro corpo può essere superiore a un mese e di conseguenza il danno potrebbe prolungarsi nel tempo;
3) negli studi condotti sugli animali è stato osservato che il farmaco attraversa la barriera placentare senza, però, provocare danni al feto.
Per le donne che desiderano avere un/a figlio/a oggi le indicazioni sull’uso del farmaco sono le seguenti:
1) interrompere il farmaco almeno 5 mesi prima di restare incinta;
2) nel caso in cui si resti incinta durante l’assunzione del farmaco, la terapia deve essere interrotta immediatamente;
3) se si rimane incinta durante la terapia, se il farmaco viene interrotto prima del terzo mese di gravidanza non dovrebbero esserci ripercussioni gravi sul feto.
Sul trattamento dell’emicrania durante la gravidanza ho scritto un articolo G come gravidanza ed emicrania che può fornirvi alcune indicazioni generali sui protocolli terapeutici, ma qualsiasi decisione sull’assunzione dei farmaci deve essere presa solo ed esclusivamente dopo essersi confrontate con ginecologo/a e neurologo/a.
Emicrania e vaccino COVID-19
L’emicrania è una patologia neurologica per cui, di norma, non è possibile richiedere l’esenzione dal vaccino a meno che, oltre all’emicrania, non ci siano altre patologie o altre condizioni tali per cui il vaccino è controindicato.
Solitamente le due categorie di farmaci non hanno alcuna interazione tra loro; si consiglia, in via prudenziale, di non fare il vaccino e gli anticorpi nella stessa giornata e di lasciar trascorrere qualche giorno.
Alcuni/e neurologi/neurologhe consigliano di lasciar trascorrere un periodo di almeno 15 giorni tra le due somministrazioni perché, inizialmente, si temeva che proprio nei 15 giorni successivi al vaccino (momento in cui si attiva maggiormente il nostro sistema immunitario) gli anticorpi monoclonali potessero essere riconosciuti come sostanza estranea e, di conseguenza, essere attaccati dalle nostre difese immunitarie, annullando l’efficacia della terapia di profilassi. Questa ipotesi, però, attualmente non è stata confermata.
Non esiste una risposta univoca perché ogni paziente ha una propria storia clinica.
Per quanto riguarda anticorpi e tossina botulinica, diversi neurologi sostengono che non ci siano interazioni tra i farmaci; per quanto riguarda, invece, le altre terapie di profilassi (antiepilettici, antidepressivi e betabloccanti) è sempre bene consultare l’équipe medica che ci segue prima di prendere decisioni in merito. In ogni caso, prima di fare il vaccino, è importante segnalare tutti i farmaci che si stanno assumendo e rivolgersi al proprio medico per qualsiasi dubbio o domanda.
In linea generale sì, è possibile assumere triptani per gli attacchi di emicrania.
Prima di prendere qualsiasi farmaco, è fondamentale confrontarsi sempre con il personale medico, soprattutto se si stanno seguendo protocolli terapeutici specifici per il COVID-19.
In linea generale sì, non ci sono controindicazioni.
Per sicurezza, in ogni caso è bene segnalare al personale del centro vaccinale che è stato assunto un triptano in quella giornata.
Invalidità e legge 104
L’emicrania, o meglio la cefalea cronica, è stata riconosciuta come malattia sociale con la legge 81/2020. Attualmente non sono stati ancora emanati i decreti attuativi. Il riconoscimento di malattia sociale non implica, però, l’inserimento della cefalea cronica nell’elenco delle malattie invalidanti a livello nazionale: ne ho parlato nel dettaglio in questo articolo I come cefalea e INVALIDITÀ civile.
Se vogliamo far sentire la nostra voce affinché siano emanati al più presto i decreti attuativi, possiamo condividere sui social il post che si trova sulla mia pagina Instagram con gli hashtag #decretiattuativisubito #legge104 #emicraniacronica #invalidità #malattiasociale #malattiacronica
La documentazione medica è fondamentale perché è sulla base di questa che la commissione esaminatrice prenderà le sue decisioni: è importante raccogliere qualsiasi referto che, oltre alla cefalea, attesti anche le eventuali patologie compresenti, derivanti o peggiorate a causa della cefalea stessa (ad esempio, insonnia, depressione, ansia).
Tutte le comorbidità devono essere inserite nella relazione medica scritta dal/dalla neurologo/a che vi ha in cura, così come devono essere indicati con precisione il numero di giorni mensili di emicrania/cefalea, la risposta ai farmaci e gli effetti collaterali.
La documentazione medica non deve essere più vecchia di 3/6 mesi.
Per approfondimenti su come richiedere l’invalidità, vi invito a leggere l’articolo I come cefalea e INVALIDITÀ civile.
Emicrania e gravidanza
Esistono linee guida sull’uso dei farmaci di profilassi e sintomatici per l’emicrania in gravidanza e in allattamento che ho riassunto in questo articolo G come GRAVIDANZA ed emicrania.
Inoltre, il Centro Antiveleni dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo ha istituito un servizio di informazione sull’uso dei farmaci in gravidanza e in allattamento, attivo 24 ore su 24: basta telefonare al numero verde gratuito 800 88 33 00
Trigger emicrania
Per rispondere a questa domanda è necessaria una premessa: i cibi e le bevande possono essere dei fattori scatenanti dell’emicrania e tra i colpevoli più comuni vediamo citati cioccolato, formaggi stagionati, frutta secca, vino e super alcolici.
Ciò che, però, molto spesso non viene chiarito è che non per tutte le persone che soffrono di emicrania il cioccolato (o gli altri alimenti qui citati) è un trigger: ognuno ha i suoi specifici trigger e ciò che scatena l’attacco a me non è detto che lo scateni a un’altra persona.
Alimentazione ed emicrania
La dieta chetogenica solitamente ha buoni risultati per i/le pazienti che soffrono di emicrania con/senza aura e cefalea a grappolo.
La risposta è soggettiva come accade in ogni terapia di profilassi.
Farmaci per l’emicrania
I triptani non sono tutti uguali: in Italia, come ho spiegato nell’articolo T come TRIPTANI per l’emicrania, sono in commercio 6 diverse tipologie di triptani (compresse, iniezioni, supposte e spray nasale); alcuni sono più rapidi nel bloccare il dolore, altri sono più lenti nel bloccare il dolore, ma il loro effetto analgesico perdura più a lungo.
Se un tipo di triptano non funziona, non significa che tutti gli altri saranno inefficaci: sempre dopo aver consultato lo/la specialista che vi segue, provate un triptano con un principio attivo differente (per almeno 3 attacchi) e con una diversa formulazione da quello precedente.
I triptani dovrebbero essere assunti seguendo queste regole:
– una compressa all’inizio del dolore: i triptani non sono né analgesici, né antinfiammatori, ma agiscono sul meccanismo che è alla base del rilascio delle molecole che scatenano l’infiammazione tipica dell’emicrania; se quelle molecole sono già state rilasciate, il farmaco non sarà in grado di bloccarle;
– dopo due ore, se il dolore non è passato, si può prendere una seconda compressa: qualsiasi farmaco assunto per bocca può avere una latenza di efficacia fino a 120 minuti ed è per questo motivo che assumere una seconda compressa prima di dure ore potrebbe essere inutile;
– massimo due compresse in 24 ore, massimo tre compresse in 48 ore e massimo dieci compresse in un mese: questa indicazione è fondamentale per evitare che si inneschi la cefalea da abuso di farmaci.
In generale, i triptani hanno un’emivita (la durata del farmaco nel sangue) di poche ore; se il dolore non passa dopo 120 minuti oppure il triptano ne riduce soltanto l’intensità, o addirittura il dolore peggiora, è difficile che una nuova assunzione del farmaco possa essere efficace. Quindi, il suggerimento è di prendere antinfiammatori (da soli o associati al paracetamolo), cortisone e antinausea possibilmente non per bocca, ma per via sublinguale, intramuscolo o in supposte (mi raccomando, sempre sotto stretto controllo dello/a specialista o del medico di famiglia, vietato il fai da te).
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