17 giugno 2023 | Aggiornamento importante
Sul sito della campagna promossa da Lundbeck Italia “Cambia la tua relazione con l’emicrania” (che ho sostenuto insieme ad Alleanza Cefalalgici) sono stati pubblicati i video di alcuni workout di esempio che è possibile eseguire per riprendere gradualmente a fare attività fisica. I workout sono stati creati da Matteo (il mio personal trainer) e supervisionati dal dott. Cherubino Di Lorenzo.
Ecco il link per vedere i video: cambialatuarelazioneconlemicrania.it/tempo-libero/
Mi raccomando: prima di fare qualsiasi esercizio, parlane con il tuo medico e assicurati che non ci sia nessuna controindicazione
Sabato 4 dicembre 2021. Allenamento programmato con il mio personal trainer Matteo.
Non era proprio una delle mie migliori giornate: venivo da quasi 10 gg di vertigini non stop causate da Emgality e da una settimana lavorativa abbastanza pesante.
Tra gli esercizi del workout di quel giorno Matteo mi presenta una serie da 30 squat (da ripetere per 3 volte) sullo step in cui ogni 10 squat la velocità dell’esercizio doveva essere incrementata. Matteo mi fa vedere l’esercizio, io lo guardo e, mentre la mia faccia era in modalità poker face, il mio cervello inizia a dirmi: «Houston abbiamo un problema. Allarme cardio, emicrania assicurata, non se ne parla, sta roba io non la posso fare, scordatelo».
Di impulso gli dico: «Sai a cosa sto pensando? Che mi verrà un mal di testa da bestia con questo esercizio». Matteo mi guarda, serafico, e mi dice «Ma va là, fallo che ti fa bene».
In quel momento, ero più o meno come Dr Jekyll e Mr Hyde.
Da un lato la me emicranica, quella rompipalle, permalosa, impaurita dal dolore, ha pensato piuttosto stizzita: «Ma vedi te, pure lui non mi prende sul serio e sottovaluta la mia giustificata e legittima ansia che si possa scatenare un attacco, eppure ormai dovrebbe saperlo». Dall’altro lato, l’Alessandra, quella che lavora da diversi mesi con un personal trainer che mi ha sempre dimostrato di sapere quello che fa e mi ha sempre ascoltata, ha pensato: «Fidati, se ti dice che puoi farlo, vuol dire che è così».
L’esercizio l’ho fatto, con fatica, prendendo a schiaffi la me emicranica che si lamentava in silenzio (e, a dire il vero, si lamentava anche un pochino ad alta voce). Ci sono arrivata in fondo senza fiato, però l’emicrania quel giorno non mi è venuta.
L’Alessandra di un anno fa avrebbe reagito senza alcun dubbio ascoltando solo la voce dell’emicrania, arrabbiandosi e rifugiandosi nel «Tanto è inutile, non posso più fare sport perché tanto starò sempre e comunque male».
L’Alessandra di oggi si arrabbia ancora, ma (seppur ancora timorosa) si mette in gioco ed è tornata a fare attività sportiva grazie alla terapia di profilassi giusta, a un enorme lavoro di consapevolezza sulla propria malattia e al rapporto di fiducia che ha costruito con il suo neurologo e il suo personal trainer.
E in questo nuovo articolo (vi avviso, è un pochino enciclopedico!!!), con il prezioso contributo di Matteo Contini (colui che mi tortura 😄 e mi sopporta con pazienza da agosto 2021), voglio raccontarvi come e perché anche chi soffre di emicrania può fare attività sportiva senza soccombere sempre al dolore.
- Lo sport fa bene (anche a chi soffre di emicrania)
- Sport ed emicrania: un binomio (im)possibile?
- Qual è lo sport ideale per chi soffre di emicrania?
- Stop allo sport fai da te. Ci vuole un/a professionista che ti segua e di cui puoi fidarti
- Sii costante, rispetta i tuoi limiti e riposa: le regole da ricordare se soffri di emicrania e vuoi fare attività sportiva
Lo sport fa bene (anche a chi soffre di emicrania)
L’attività sportiva non è nostra nemica, è un’alleata.
Come scrive Sara Compagni in Postura da paura «Non esistono gesti che non possiamo fare. Solo un corpo non ancora pronto a eseguirli. Dobbiamo iniziare a trattare il nostro corpo con le dovute accortezze, senza cadere nell’eccesso di azione, ma nemmeno in un eccesso di protezione».
Sì, perché chi soffre di emicrania lo sa bene che il dolore ci fa arrivare a un punto in cui, pur di non scatenare un attacco, ci congeliamo e non facciamo più nulla.
Lo sport fa bene, in qualsiasi sua forma.
Lo sport è funzionale per la salute del nostro corpo e della nostra mente. E vi assicuro che questa non è una frase fatta di quelle che trovate nei Baci Perugina perché, prima di tutto, io odio le frasi fatte e, dato che ho molto rispetto di chi mi legge, non potrei mai propinarvi un cliché acchiappaclic.
Prima di elencarvi tutti i motivi per cui fare sport è una sana abitudine (non solo per avere chiappe antigravità e bicipiti da urlo), chiariamo che cosa si intende per attività sportiva: «attività fisica strutturata, pianificata, eseguita regolarmente e senza eccessi» e fra qualche paragrafo capirete perché questa definizione è così importante, soprattutto per il cervello emicranico.
Quindi, veniamo al dunque: perché l’attività sportiva fa bene?
Perché:
- migliora la circolazione sanguigna, il cuore diventa più forte ed efficiente;
- di conseguenza, migliora l’ossigenazione e l’afflusso di sangue al cervello riducendo gli stati infiammatori;
- regolarizza il sonno;
- stimola la produzione e il rilascio di endorfine, neuro-ormoni prodotti dal nostro cervello (oppioidi endogeni) dotati di una potente attività analgesica (la loro azione è simile alla morfina e ad altre sostanze oppiacee);
- aiuta ad aumentare i livelli di dopamina, norepinefrina e serotonina, neurotrasmettitori che hanno un ruolo importante per il nostro umore e benessere;
- accelera il metabolismo (la velocità con cui il nostro corpo brucia calorie per soddisfare i suoi bisogni vitali) e, quindi, ci aiuta a contrastare uno degli effetti collaterali tipici dei farmaci di profilassi: l’aumento di peso;
- rinforza la densità ossea;
- aumenta la tonicità e l’elasticità muscolare.
Infiammazione, sonno, endorfine e serotonina sono parole che a una persona che soffre di emicrania suonano alquanto familiari e già da queste poche righe avete capito che la sola terapia farmacologica non è sufficiente per una corretta gestione dell’emicrania e dei suoi sintomi.
I farmaci sono importanti, non fraintendetemi.
Senza Emgality, quasi sicuramente, sul mio diario della cefalea ci sarebbero segnati ancora 25 gg di emicrania al mese, ma un allenamento adeguato, costante e mirato può diventare un valido supporto alle terapie di profilassi.
Lo sport può, infatti, aiutarci nella convivenza con il dolore, nell’affrontare le comorbidità tipiche di questa malattia (ansia, depressione, ritmo del sonno irregolare che sono a loro volta trigger dell’emicrania) e può aiutarci a prevenire l’abuso di farmaci, scongiurando la cefalea da rimbalzo.
Sport ed emicrania: un binomio (im)possibile?
Quante volte vi siete sentiti/e dire durante le visite mediche «Fare attività sportiva è importante!» e quante volte, sentendo questa frase, vi siete indispettiti/e pensando «Ah grazie, la farei se ogni volta non mi venisse mal di testa».
Ve lo dico io: avete perso il conto delle volte in cui qualcuno vi ha detto «Fare attività sportiva è importante!». Qualsiasi neurologo/a ripeterà questa frase come un mantra a tutti/e i/le pazienti che soffrono di emicrania.
Se l’attività fisica fa bene, allora perché per una persona emicranica lo sport può essere anche un trigger?
Per rispondere a questa domanda, mi sono spulciata varie ricerche e su The Journal of Headache and Pain, in particolare nell’articolo The association between migraine and physical exercise (volume 19, articolo numero: 83 del 2018), e ho trovato diverse informazioni in merito.
Secondo quanto riportato dagli autori dell’articolo, l’attività fisica per le persone emicraniche si trasforma in un trigger
- a causa della disfunzione dell’oressina (o ipocretina), il neurotrasmettitore che regola il ritmo sonno-veglia e l’appetito; l’oressina ha un suo ruolo nella fisiopatologia dell’emicrania e, infatti, prodromi tipici di un attacco sono eccessiva stanchezza, sonno, sbadigli e fame. L’esercizio fisico sembra che possa influenzare il comportamento dell’ipocretina scatenando, di conseguenza, l’attacco di emicrania;
- a causa dell’aumento di lattato nel sangue, enzima che ha il compito di metabolizzare il glucosio e renderlo energia fruibile per il nostro corpo. L’eccessiva produzione di lattato si verifica quando il nostro corpo passa dall’utilizzare ossigeno (energia aerobica) a utilizzare il glucosio rilasciato dalle nostre cellule (energia anaerobica) perché l’energia di cui abbiamo bisogno supera la nostra riserva di ossigeno.
Questo meccanismo non è pericoloso per il nostro organismo, ma provoca un aumento del lattato nel nostro sangue e cervello. L’innalzamento dei livelli di lattato cerebrale in conseguenza all’attività fisica ad alta intensità mette a dura prova il metabolismo energetico già non ottimale dei soggetti emicranici; - a causa dell’eccessiva produzione di CGRP; sì, proprio lui, il peptide tenuto a bada dall’anticorpo monoclonale, responsabile della vasodilatazione e dell’infiammazione dei vasi intracranici. Il sistema nervoso di chi soffre di emicrania, ipersensibile e molto irritabile, ha la tendenza a interpretare un cambiamento naturale come la variazione di spessore dei vasi sanguigni in modo anomalo, soprattutto se questa variazione è improvvisa.
E quindi, alla luce di tutto questo, come si fa a conciliare lo sport con l’emicrania?
Il nostro corpo è una macchina straordinaria, piena di risorse, anche quando è messa sotto pressione dal dolore cronico: le persone che soffrono di emicrania possono, infatti, allenare gradualmente la tolleranza all’esercizio fisico abbassando la soglia di attivazione del sistema nervoso centrale.
I tempi e i modi in cui questo può avvenire sono soggettivi e dipendono dalla situazione specifica di ogni persona.
Qual è lo sport ideale per chi soffre di emicrania?
C’è chi dice pilates, chi yoga, chi camminata veloce, chi ciclismo e chi nuoto.
In generale viene consigliata sempre l’attività aerobica.
La mia risposta, per esperienza diretta, invece è: non esiste una ricetta universale e perfetta applicabile a cascata a tutte le persone che soffrono di emicrania.
Lo dimostra il fatto che quando vi ho chiesto tramite un sondaggio sui social «Qual è il tipo di attività sportiva che proprio non riuscite a fare?» ognuno/a di voi aveva il suo personale tallone di Achille: corsa, yoga (bandite le posizioni a testa in giù), camminata, c’è chi mi ha scritto che anche soltanto fare le scale può trasformarsi in una tortura.
Allora, dato che è difficile identificare uno sport che vada bene per tutti/e, cambiamo il punto di vista, cambiamo la domanda di partenza e lasciamo la parola a Matteo (e state per leggere le sue risposte alle mille domande che gli ho fatto).
Matteo, come si costruisce un allenamento adeguato per una persona che soffre di emicrania?
Il segreto è focalizzarsi sul COME fare sport, non pensare soltanto al cosa fare.
E per focalizzarsi sul “come” il primo step, quello più importante, è capire chi hai davanti.
Per questo motivo, la prima cosa che faccio sempre quando inizio ad allenare una persona è un’anamnesi iniziale:
- qualche domanda per capire se è una persona che ha già fatto sport oppure no, se è abituata ad allenarsi, se è ferma da tanto o da poco tempo, perché ha smesso di allenarsi e se ci sono altre motivazioni che vanno oltre l’emicrania;
- un test per valutare la composizione corporea (che non è importante solo dal punto di vista estetico), le capacità aerobiche (di solito sul tapis roulant con cardiofrequenzimetro), la forza, la flessibilità muscolare e la postura (se non si è consapevoli degli eventuali problemi di postura, il rischio è che ci si faccia male).
Tutti questi test mi permettono di valutare fin da subito come la persona si muove, come fa gli esercizi, quali sono gli esercizi che le creano disagio, fastidio o paura, quindi, nel caso specifico di una persona che soffre di emicrania, cosa eventualmente scatena il mal di testa e cosa non è ben tollerato anche a livello psicologico.
In questo modo escludo, almeno in una fase iniziale, tutti quegli esercizi che la persona farebbe con il freno a mano tirato e malvolentieri. Se per te è problematico saltare, è chiaro che non ti farò saltare e valuterò nel tempo se e come eventualmente integrare i salti nei tuoi workout. Gli esercizi devono essere fatti con tranquillità e convinzione, altrimenti il rischio è che la persona abbandoni il percorso già dopo il primo allenamento.
Per quanto riguarda, nello specifico, la tipologia di esercizio è chiaro che per una persona che soffre di emicrania l’intensità, la gradualità e la durata dell’allenamento sono i parametri chiave da tenere in considerazione.
Sono banditi scenari del tipo «La domenica faccio due ore di corsa e il resto della settimana non muovo un dito» oppure «Ho fatto un’ora di allenamento pesantissimo, sono andato/a a casa distrutto/a».
L’intensità e la durata dello sforzo viene decisa proprio in base ai test preliminari che faccio durante il primo incontro: senza quei dati alla mano, si prenderebbero decisioni casuali ed è ciò che succede nella maggioranza dei casi di chi si allena senza l’affiancamento di un personal trainer. I test devono essere ripetuti periodicamente proprio per capire se stiamo andando nella direzione giusta, se è arrivato il momento di modificare il workout del tutto o in parte.
Il lavoro che abbiamo fatto insieme in questi mesi (e i diversi studi che hanno visto coinvolti/e pazienti che soffrono di emicrania) mi conferma che l’Interval Training (più di un’attività aerobica costante) è il tipo di allenamento che può dare beneficio a chi soffre di questa malattia.
Che cosa intendi quando parli di Interval Training?
Per evitare fraintendimenti chiarisco subito che NON sto parlando di HIIT, ossia Interval Training ad alta intensità. Quando parlo di Interval Training mi riferisco, invece, ad allenamenti in cui si alternano esercizi di intensità medio-alta con esercizi di recupero attivo, come ad esempio:
- circuito totalmente aerobico (per citarne uno: camminata alternata a scatti veloci)
- esercizi dinamici con pesi a intensità medio-alta alternati a cardio come recupero attivo su ellittica/bike/step/vogatore/tapis roulant
- cardio a corpo libero a intensità medio-alta alternato a esercizi con i pesi a intensità medio-bassa.
Se ci accorgiamo che l’intensità è troppo alta perché dopo il workout arriva un attacco di emicrania, bisogna ristabilire una situazione di equilibrio e per farlo a volte è necessario tornare indietro (quindi diminuire l’intensità dello sforzo) per poter andare avanti.
Se lo sforzo è eccessivo (sia per intensità, sia per durata dell’esercizio) rispetto al proprio livello di allenamento, se va al di sopra delle nostre capacità di recupero, il nostro corpo produce citochine infiammatorie in eccesso e l’esperienza ci ha insegnato che per chi soffre di emicrania non è l’ideale.
Gestire l’intensità e la durata di un allenamento è fondamentale per evitare che si inneschi il meccanismo psicologico che ci porta a temere l’attività sportiva e a vederla come fonte di malessere. È fondamentale essere seguiti/e da un personal trainer competente e confrontarsi costantemente con il/la proprio/a neurologo/a affinché la corretta routine di allenamento diventi una strategia di gestione dell’emicrania non farmacologica e, soprattutto, un momento di benessere.
Esercizi a corpo libero, pesi e attrezzi: molte persone si chiedono qual è la scelta migliore. Tu cosa suggerisci?
Ogni tipo di esercizio ha le sue peculiarità, in sintesi:
- gli attrezzi hanno traiettorie vincolate (e quindi più sicure) e riesci a lavorare in modo più mirato su determinati muscoli;
- i pesi liberi sono molto più stimolanti e completi per i muscoli stabilizzatori (si attivano più muscoli contemporaneamente);
- il lavoro a corpo libero lo puoi fare dappertutto, ma richiede una grande consapevolezza del movimento da eseguire (devi essere in grado di capire se stai sbagliando e di correggerti se necessario).
Sono convinto, in realtà, che l’approccio giusto sia individuare la routine adeguata alla persona che hai davanti, routine che può comprendere tutte le tipologie di esercizi.
Per questo motivo per un personal trainer è fondamentale capire anche quante volte puoi venire in palestra, quanto tempo hai, così da costruire una routine costante che si può ripetere a intervalli regolari e abbastanza ravvicinati nel tempo. Meglio un allenamento più corto fatto una volta in più alla settimana, invece di allenamenti troppo lunghi, intensi e troppo distanti tra loro.
Qualsiasi sia lo sport che si vuole praticare, è fondamentale che l’allenamento sia
- adeguato allo stato della persona (se l’esercizio è adeguato lo capisci in base a come reagisce il tuo corpo),
- dosato e graduale,
- costante e pianificato.
Stop allo sport fai da te. Ci vuole un/a professionista che ti segua e di cui puoi fidarti
Ci sono due imperativi categorici che una persona che soffre di emicrania deve sempre avere a mente:
- mai prendere farmaci senza aver prima consultato il medico
- mai fare attività sportiva a casaccio, senza una guida
Queste due regole le ho interiorizzate, ovviamente, solo dopo aver fatto esattamente il contrario per anni e anni, continuando a pensare che non ci fosse una terapia che potesse farmi stare meglio e che mi fosse preclusa la possibilità di fare qualsiasi tipologia di sport.
Facendo errori, però, si impara. E ho imparato che esattamente come abbiamo bisogno di medici empatici, abbiamo bisogno anche di personal trainer empatici, competenti e che abbiano voglia di ascoltare la persona che allenano.
Non è facile fidarsi e sentirsi liberi/e di parlare della propria malattia con una persona che fino a due minuti prima di arrivare in palestra era una completa sconosciuta. Non è facile spiegare quali sono i tuoi sintomi, le tue sensazioni, le tue paure e ansie, soprattutto quando la tua malattia, in generale, è poco conosciuta e molto sottovalutata.
Il rapporto di fiducia con il personal trainer è cruciale: se non ti fidi viene a mancare un tassello fondamentale del puzzle che renderà fallimentare l’allenamento ancora prima di mettere piede in palestra.
Se non ti fidi e hai paura di essere giudicato/a, farai fatica a dire al tuo personal trainer che non te la senti di fare quell’esercizio, che sei stato/a male dopo, che in quel momento non avevi fiato, che ti sei arrabbiato/a come una biscia quel giorno in cui non riuscivi a stare in equilibrio mentre cercavi di fare gli squat sul bosu (un attrezzo che non mi sta molto simpatico) perché la terapia ha degli effetti collaterali che non puoi prevedere e controllare.
Conquistare la fiducia di una persona che convive con una malattia invisibile e/o cronica non è per niente facile. Matteo, tu come costruisci il rapporto di fiducia con chi alleni?
La fiducia la costruisco allenamento dopo allenamento.
Il primo impatto è decisivo ed è nel primo incontro che un personal trainer deve dimostrare di sapere ciò che fa e di saper ascoltare. Meglio diffidare da chi non si prende il tempo per fare l’anamnesi preliminare e non cerca di capire quali sono le motivazioni per cui la persona ha deciso di venire in palestra: è un’iniziativa personale? Oppure è stato il medico a suggerirlo? Un/a amico/a? La motivazione cambia totalmente l’approccio da adottare.
Gli esercizi proposti devono essere fattibili e gli obiettivi raggiungibili; qualche esercizio un po’ più difficile deve essere sempre inserito nei workout perché è di stimolo, ma mai esagerare perché ti giochi la motivazione della persona, oltre che la sua fiducia.
Mai forzare la persona a fare qualcosa che non vuole fare: se ti costringo a fare un esercizio che ti fa schifo o che non ti fa sentire a tuo agio, finché sei con me lo fai, ma appena sarai da sola dirai «Col cavolo che lo faccio».
L’attività sportiva deve essere vissuta come qualcosa di piacevole, non come un lavoro o una tortura. Meglio allontanarsi momentaneamente dall’obiettivo per dare il tempo alla persona di provare a fare gli esercizi, di capire che vale la pena provarci e che perseverando, allenamento dopo allenamento, si riesce a tenere a bada il dolore.
E, infine, una delle cose più importanti a mio parere è non far sentire la persona malata; e attenzione, questo non significa sminuire o sottovalutare l’emicrania. Significa non percepire la malattia come un ostacolo insormontabile.
È necessario un cambio di prospettiva e ti faccio questo esempio: le donne in gravidanza spesso vengono trattate come malate; capita di sentire affermazioni di questo genere «Sei incinta, non ti puoi allenare, non puoi fare questo, non puoi fare quello» il ché è assolutamente sbagliato.
Le persone che soffrono di emicrania come te vivono la situazione opposta: in molti non considerano l’emicrania una malattia e vi sentite dire frasi del tipo «Ma cosa vuoi che sia, un mal di testa, prendi un Moment e ti puoi allenare, puoi fare tutto senza problemi» e anche questa non è un’affermazione corretta.
In entrambi i casi, ci vuole l’attenzione, la competenza e la sensibilità per capire cosa si può fare e come farlo, tenendo conto di alcune limitazioni che ci sono, che non si possono ignorare e che, però, non impediscono di fare sport.
Sii costante, rispetta i tuoi limiti e riposa: le regole da ricordare se soffri di emicrania e vuoi fare attività sportiva
Se un anno fa qualcuno mi avesse detto che oggi sarei stata qui, davanti al computer, a scrivere un articolo sullo sport e l’emicrania, a raccontarvi che la scorsa settimana sono stata sul tapis roulant per 20 minuti senza avere per tutto il tempo il terrore di perdere il controllo di uno dei miei peggiori trigger, che dopo aver abbandonato sconsolata la corsa da ormai 10 anni intravedo la possibilità di ricominciare a correre, che durante i workout sarei riuscita a tenere a bada anche l’ernia cervicale che purtroppo non mi permette più di ballare, ecco… probabilmente lo avrei mandato a quel paese.
Il lavoro che ho fatto in questi mesi con Matteo, i risultati ottenuti con la terapia di profilassi, la forza che mi dà essere di sostegno attraverso il blog e i social a tante persone che, come me, si sono sentite sole e incomprese, tutto questo mi ha insegnato molto nel rapporto con la mia malattia; mi ha insegnato a non lasciarmi paralizzare dal dolore che ho vissuto in passato e della paura di viverlo ancora, anche se non è per niente facile, anche se tutte le volte che Matteo mi dice che devo salire sul tapis roulant io lo guardo, protesto e gli dico «Devo proprio?!».
E in questi mesi ho anche imparato che per fare attività sportiva con serenità ci sono alcune regole che bisogna seguire diligentemente:
- Prima di iniziare, bisogna verificare di non avere problemi fisici che potrebbero sollecitare più o meno direttamente l’emicrania come, ad esempio, problemi alla schiena (e in particolare alla cervicale) o sindrome miofasciale (soprattutto se interessa il trigemino). Se ci sono questi problemi, no panic! Basta parlarne con il personal trainer così che da stabilire insieme quali esercizi sono ammessi e quali no.
- Trovare la terapia di profilassi giusta perché i farmaci ci aiutano a controllare la frequenza e l’intensità degli attacchi di emicrania e, di conseguenza, a tenere a bada la paura del dolore e l’ansia anticipatoria.
- Porsi obiettivi realistici: l’emicrania, soprattutto quando si cronicizza, ci porta a pensare di non avere più il controllo del nostro corpo e che il dolore decida sempre per noi. Se stabiliamo obiettivi realistici nel rispetto delle nostre capacità e dei nostri limiti (tutti/e abbiamo dei limiti, a prescindere dall’emicrania) sarà più semplice scardinare il meccanismo che ci induce a credere di non potercela fare.
- Bere. Prima, durante e dopo l’allenamento.
La disidratazione è un trigger poiché diminuisce il volume all’interno dei vasi sanguigni e, di conseguenza, il sangue affluisce al cervello con maggiore difficoltà. Quindi mai restare a bocca asciutta e bere prima di avere sete, senza rimandare. - Mangiare. Prima e dopo l’allenamento.
L’alimentazione ha un ruolo cruciale nella quotidianità di una persona che soffre di emicrania, non solo quando si fa attività sportiva. Il cervello emicranico, infatti, dal punto di vista energetico è molto esigente: bisogna avere abbastanza carburante per il nostro cervello, quindi prima dell’allenamento è importante fare scorta di energia. Qualche ora prima l’ideale è mangiare carboidrati semplici, mentre poco prima dell’allenamento si possono mangiare barrette, cracker, frutta secca, un pezzo di parmigiano o prendere le maltodestrine, ossia zuccheri a lento rilascio (di solito si trovano sottoforma di gel o polvere da sciogliere in acqua). Meglio evitare dolci (ad esempio il cioccolato o altri zuccheri semplici) altrimenti si rischia di ottenere l’effetto contrario, ossia un calo glicemico noto anche come ipoglicemia reattiva (tradotto: rischiate di cascare giù per terra senza forze nel bel mezzo dell’allenamento).
Dopo l’allenamento, il consiglio è di abbinare proteine e carboidrati.
- Fare un adeguato riscaldamento e raffreddamento.
Al cervello emicranico non piacciono i cambiamenti repentini, quindi è necessario scaldarsi in modo dinamico e con movimenti di intensità lieve (ad esempio camminata, ellittica o bici). Per tenere d’occhio l’intensità si può usare un cardiofrequenzimetro oppure basta fare il test verbale: se durante l’attività si riesce a parlare senza affanno, l’intensità è lieve. Se, invece, bisogna rallentare per prendere fiato significa che si sta già lavorando troppo intensamente.
A fine allenamento fare stretching: aiuterà a rilassare e distendere la muscolatura e a evitare contratture che potrebbero contribuire a scatenare un attacco.
- Essere costante e non avere fretta. Il personal trainer è al nostro fianco, ci supporta, ci motiva e ci guida, ma non può essere responsabile della nostra salute. Siamo noi che dobbiamo essere costanti nell’allenamento. I primi risultati, dal punto di vista della forza e della resistenza, si iniziano a vedere già dopo i primi allenamenti anche se a noi sembreranno impercettibili perché spesso siamo più focalizzati/e sulla lotta contro il dolore; dal punto di vista estetico possono volerci anche 6/9 mesi.
- Rispettare i propri limiti. Non esagerare e ascoltarsi. Conosciamo, meglio di chiunque altro, la nostra soglia di tolleranza. Se quel giorno stiamo male, è necessario fermarsi. Non ha senso allenarsi consapevoli che dopo si starà peggio. Non bisogna scoraggiarsi se all’inizio l’emicrania non ci molla, è molto brava a portarci verso l’autosabotaggio.
- Riposare. L’emicrania non ama l’assenza di riposo e, in ogni caso, stressare eccessivamente il corpo non ci aiuterà a raggiungere i nostri obiettivi più velocemente, anzi!
- Essere orgogliosi/e di noi stessi/e. Perché qualsiasi sia l’attività sportiva che decidiamo di fare, abbiamo fatto un passo importante per prendere a calci nel sedere l’emicrania e per impedirle di governare la nostra vita.
Vorrei chiudere questo articolo enciclopedico con un consiglio: l’emicrania è una malattia che ci ruba il tempo e quello che ha rubato non ce lo restituisce; non diamogli, però, il potere di rubarne più di quanto già non faccia.
Fare sport è possibile anche se si soffre di emicrania e questo non significa che domani dovete uscire di casa e andare a iscrivervi in palestra, fare 10 km di corsa o 50 vasche in piscina.
Significa che potete andare a camminare mezz’ora al giorno; significa che potete provare, intanto, a fare due chiacchiere con un personal trainer che vi ispira fiducia oppure, se preferite l’home fitness, dare un occhio ad HAT (Headache Aerobic Training)*** sempre, però, dopo esservi confrontati/e con un personal trainer che faccia l’anamnesi iniziale e vi dia le indicazioni preliminari su come gestire l’allenamento (ricordate: NO FAI DA TE!!!).
Stare bene è possibile; il benessere si conquista passo dopo passo, senza fare programmi troppo a lungo termine, altrimenti l’ansia anticipatoria è sempre lì pronta a farci tremare le gambe… e vi garantisco che, a volte, continuano a tremare anche a me, letteralmente, non solo in senso metaforico!
Se avete dubbi/curiosità o se volete raccontarmi la vostra esperienza, scrivetemi (via mail: leparoledellemicrania@gmail.com o sulle mie pagine social) oppure commentate l’articolo.
*** Per evitare malintesi, non vi sto vendendo HAT, non ci guadagno nulla e non prendo percentuali. Lo cito perché l’ho provato personalmente (confrontandomi sempre con Matteo) e può essere un buon modo per iniziare a prendere confidenza con l’attività sportiva.
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